Il treno mostro e i nuovi cavalieri dell'Orcodiaz (Tokyo 2016, giorno 1)

Dopo dodici ore di volo, sciroppate in compagnia del consueto e consolidato mix di tre film bellibrutti (di quelli, e di Revenant, parliamo presto in un post apposito) e di tentativi infruttuosi di dormire senza frantumarti l'osso sacro, arrivi a Narita. Hai gli occhiali anziché le lenti a contatto, i capelli freschi di macchinetta e qualche chilo in più addosso (grazie, amico cortisone): in pratica sei talmente diverso dalla foto sul passaporto che il tizio alla dogana sta lì a far rimbalzare lo sguardo dalla tua faccia al documento (che è del 2012) per tipo, boh, cinque minuti. Mentre ti vedi già torchiato come quei cinesi loschi in Airport Security, l'omino chiama un paio di colleghi, si consultano e alla fine decidono che no, non sei un terrorista in fuga con passaporto falso, stai solo invecchiando. "Viene spesso in Giappone... le piace?", ti chiede poco dopo una tipa del secondo controllo doganale, quello dopo aver raccattato i bagagli, scrutando la collezione di nippotimbri sul passaporto. "Molto", le dici, e quella sorride come se avesse vinto la lotteria [...]
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